Un ricordo commosso di Francesco Guida, medico di base a Muro Lucano

di Gherarda Cerone

Una stanza con un mobilio essenziale, una scrivania ampia dove potevi poggiare i gomiti e conversare, un lettino su cui adagiarsi per farsi visitare; questo era il tuo studio medico dove di pazienti ne hai accolti tanti, molto di più di un luogo in cui prescrivere farmaci o esami.

Ti chiamavano “Dottore” e nel pronunciare questa parola le labbra accennavano già a un sorriso, per altri eri Francesco, un amico ancor prima di essere un medico competente, serio, capace di diagnosi accurate spesso fulminee, sempre rispondenti al vero.

La tua era una dedizione alla professione, lo si coglieva da quel tuo modo garbato e gentile con cui aprivi ad ognuno la porta del tuo studio.

Eri oberato di lavoro ma non ti sottraevi mai ad una chiacchierata con quel tuo fare divertito, ridevi alle volte con i pazienti che apprezzavano il tuo spiccato senso dell’umorismo oltre alle qualità umane e professionali.

Spesso le visite duravano un po’ più del dovuto e questo era il segreto del tuo essere un grande medico, eri introspettivo, capace di scandagliare l’animo di ognuno anche solo guardandolo negli occhi, tanti i consigli che nel tempo si sono rivelati fondamentali nelle nostre vite.

Francesco Guida, a pensarci già nel tuo cognome c’era la tua essenza, una guida silenziosa, discreta, mai banale, capace di orientare anche nei momenti bui dove non basta una medicina ma è preziosa una parola, un gesto, una battuta che smorzi la tensione o allevi il dolore di cui le pareti del tuo studio sono intrise.

Uscivamo alle volte pensierosi, altre volte confortati, spesso attoniti perché eri capace di scuotere quando ce n’era bisogno, come un uragano spazzavi via pensieri superflui, supposizioni, tentativi di autosabotaggio con cui spesso noi pazienti cerchiamo di eludere una paura, un pensiero che ci tormenta.

Ci hai insegnato ad affrontare i problemi sia di salute che di altro, ci hai insegnato la libertà e soprattutto a prenderci cura di noi stessi, a non trascurarci, ad amarci.

Eri amorevole con i bambini e incoraggiavi le madri spesso alla prima esperienza con un figlio, confuse, preoccupate, le rincuoravi e trovavi sempre una soluzione.

Quella soluzione che tutti noi avremmo voluto trovare per te, per la tua malattia esplosa all’improvviso quando dovevi goderti la pensione, tu che in pensione non ci saresti andato mai, capace di andare contro tutto e tutti pur di restare accanto ai tuoi pazienti.

Siamo venuti a trovarti non nel tuo studio ma in un luogo molto buio e silenzioso, c’erano tanti fiori ma soprattutto tante luci accese per te che in quel buio sapranno avvolgerti e darti il calore che tu hai sempre donato ad ognuno di noi, non ti lasceranno solo, saranno e saremo sempre con te, questa volta noi al tuo fianco nei giorni che verranno.

Non ci spaventerà l’inverno né l’afa estiva, alzeremo gli occhi al cielo e penseremo a quello che ci avresti detto, osserveremo le nuvole e sorrideremo nonostante il volto rigato, saremo certi di udire la tua risata, di vederti sorridente, di essere la nostra “famiglia” perché è questo che sei stato e sarai sempre.

Grazie Francesco!