di Carmen Piccirillo

Si definisce un lettore e un narratore, una persona che prova ad accendere fuochi di parole, per radunare le persone, trovare ragioni per camminare insieme, tessere trame di comunità, alimentare le potenze fantastiche di ognuno, al fine di modulare al meglio il proprio rapporto con il mondo. Si tratta dello scrittore Gianluca Caporaso.

Gianluca Caporaso

Gianluca Caporaso

Originario di Potenza, è laureato in Scienze della Comunicazione e marketing; si occupa, da sempre, di solidarietà e progettazione culturale; ha lavorato per tre anni presso i servizi sociali del Comune di Potenza, e, per dieci anni, presso il CSV (Centro Servizi per il Volontariato), dove si è occupato della messa in rete e dell’accompagnamento progettuale delle associazioni di volontariato. Due amministrazioni comunali, Ischia e Casalbordino, gli hanno conferito una pubblica benemerenza per la sua letteratura. Nel settembre 2022 è uscito “Il Signor Conchiglia”, che sta riscuotendo un gran successo. Edito da Salani editore, si tratta di un libro la cui narrazione fantastica è dedicata alla memoria di Alan Kurdi, un bambino siriano, ritrovato su una spiaggia turca la mattina del 3 settembre 2015, vittima di un naufragio della barca su cui era con la sua famiglia, che cercava di approdare in un posto migliore, dove ci fosse la pace.


Come e quando nasce la sua passione per la scrittura?

La mia passione per la scrittura si correla alla mia passione per la lettura, ed è un’esperienza che nasce relativamente tardi: fino ai miei quattordici anni, pur essendo stato un alunno bravo, impiegavo il tempo libero a giocare a pallone, sognavo di diventare un calciatore. Sono stato “coinvolto” nella lettura da mia madre: ricordo di essermi avvicinato ad un libro accompagnato da illustrazioni, che era la Sacra Bibbia: ad oggi, ritengo che al suo interno siano presenti le storie più potenti che io abbia mai letto. Da allora, non ho più smesso di leggere: “Pinocchio”; “I ragazzi della via Pal”; “La freccia nera” (…) Successivamente, mi sono avvicinato ai poeti, che nella mia formazione hanno un ruolo straordinario: Rimbaud, Verlaine, definiti poeti maledetti, hanno inciso in maniera profonda nella mia esperienza e, sulla scorta di questi e altri autori, ho cominciato a esprimere le mie prime parole, nate in forma poetica. È stato un percorso carsico, ovvero “sotterraneo”.

“Scrivo storie di ogni provenienza passate di bocca in bocca, per guarire dalla paura del silenzio o dall’illusione di essere invulnerabili e perfetti”. Questa una sua dichiarazione. Quanto è importante, attraverso la scrittura, veicolare concetti profondi che inducano il lettore all’introspezione?

 Il pensiero più potente che io abbia mai letto, in merito all’esperienza letteraria, è quello del filosofo greco Eraclito: “Il dio cui appartiene l’oracolo che sta a Delfi, non dice, né tace, ma offre segni”.
Questi ‘segni’ non hanno nessuna volontà di rivelazione, non hanno nessuna volontà di ricondurre tutto al silenzio, ma donano qualcosa su cui invitare il cammino degli altri, immaginifico e reale. A me piace l’idea di mettere in condivisione dei segni, che possano diventare un cammino, che si avvera nel silenzio dell’altro, non nel mio silenzio.

Lei conduce laboratori di scrittura fantastica per bambini, educatori e genitori. Quali sono gli obiettivi prevalenti di questo progetto?

Il primo aspetto importante è quello di ragionare sul ruolo della fantasia nella vita delle persone: è uno strumento di attivazione ulteriore delle proprie capacità cognitive, di sentire e leggere il mondo. A dispetto di chi pensa che la fantasia sia uno strumento di evasione dalla realtà, io ritengo -e non sono il solo ad affermarlo- che essa completi la realtà, e che porti, nel “gioco” di luci e ombre dell’esistenza, ulteriori elementi, offrendo ulteriori chiavi di vista: tutto questo è utile per esplorare in modo più potente il mondo. Inoltre, nei miei laboratori io “provoco” gli altri, nel senso di “chiamare alla voce”: ognuno è invitato a esprimere la propria sensibilità, i propri desideri, le proprie paure, il proprio sapere, e tant’altro. Amo tirare fuori le competenze fantastiche degli altri, invitandoli a recuperare la propria voce, la propria autenticità.

A Potenza, ha ideato un festival denominato “Le città delle infanzie”. Di cosa si tratta?

Il festival, giunto al settimo anno, ha come protagonista un’associazione culturale denominata “La luna al guinzaglio”; si tiene solitamente nel mese di settembre, ed è articolato su un palinsesto di appuntamenti, a cui prendono parte narratori, illustratori, attori, esperti di pedagogia: tutte figure che ruotano intorno ai temi dell’infanzia.

Copertina del libro

Copertina del libro

Recentemente ha pubblicato “Il Signor Conchiglia”, un racconto che dona la capacità di trovare la “salvezza”, una nuova luce: cosa si prova nel sapere che, da scrittore, ha toccato le corde più profonde del cuore di grandi e piccoli?

Sono profondamente felice di tutto questo: quando scrivo non penso soltanto a un pubblico bambino, penso anche al piacere di un adulto, che, nel trovare le parole da portare ai bambini, possa imbattersi nella bellezza. Mi piace pensare che la mia sia una scrittura per tutti. Ognuno “entra” nella parola con quello che ha: mentre un bambino percepisce in maniera intensa questo viaggio fantastico di un bimbo che scende giù in fondo al mare, e poi risale con una conchiglia all’orecchio, gli adulti strofinano l’atrocità del reale con la restituzione fantastica alla vita di quel bambino: per molte persone è risultato commovente.

Gianluca Caporaso è stato definito “un sognatore che ce l’ha fatta”. Cosa suggerisce ai giovani, affinché possano perseverare nei loro obiettivi senza lasciarsi intimorire dalle difficoltà della vita?

Bisogna credere nella bellezza. Io non avrei mai pensato che la mia scrittura potesse avere una rilevanza pubblica, così come quella legata a un interessante livello di vendite dei miei libri. Quando penso a quello che è successo, immagino che abbiano contribuito positivamente diversi fattori, come lo studio, la mia voglia di approfondire, la lettura, il tentativo di capire come articolavano il proprio linguaggio tutti gli scrittori e i poeti che ho amato. Quando un libro trova molti lettori, non accade mai per caso, ma attraverso due traguardi: il primo è la significanza- un concetto di Julio Cortàzar, immenso narratore- ovvero la capacità di raccontare cose che toccano la vita di tutti; il secondo è la generatività, quell’esperienza che si vive nel momento in cui, avvicinandosi alle parole, nasce la voglia di far nascere altre parole proprie, la propria voce.