di Carmen Piccirillo
Da sempre appassionato di sport, originario di Rionero in Vulture, Nicky Russo è un campione di atletica leggera paralimpica. Sin da ragazzino, ha nutrito un grande coinvolgimento verso lo sport, conducendo una vita sempre attiva, fino a quando, nell’anno 2002, dopo una serie di accertamenti medici, gli è stata diagnosticata la sclerosi multipla. Nonostante un evitabile crollo emotivo, non si è mai arreso, ha trovato la forza e il coraggio per poter rialzarsi, per guardare al futuro con ottimismo, e per continuare ad alimentare il suo autentico amore verso lo sport. Dal 2020 è ritornato alle gare paralimpiche del getto del peso, stabilendo alcuni record italiani nella categoria F37 e, successivamente nella categoria F35. Ad oggi, ha vinto undici titoli nazionali, tra cui sette nel getto del peso, e quattro nel lancio del disco.

Nicky Russo, campione di atletica leggera paralimpica
A livello europeo, ha vinto il bronzo nella categoria F35 nell’anno 2021, e, nello stesso anno, ha partecipato alle Paralimpiadi di Tokyo chiudendo ottavo (categoria F35), in Polonia, a Bydgoszcz.
Il Comitato Italiano Paralimpico Nazionale gli ha conferito la medaglia di bronzo al valore atletico.
Come e quando nasce la tua passione per lo sport?
La mia passione per lo sport nasce da bambino: sono cresciuto in campagna, ho sempre praticato sport, giocato a pallone con grande entusiasmo. Nella fase adolescenziale, invece, i miei professori della scuola media mi hanno indirizzato all’atletica leggera, in particolar modo nel getto del peso; ho partecipato, poi, a vari campionati studenteschi: nella scuola superiore, al liceo classico, mi sono classificato al settimo posto e al nono posto in tutta Italia. Ritengo che lo sport sia una condizione importante per tutti, è prioritario incentivarlo nelle scuole: bisognerebbe fare in modo che i ragazzi conoscano ad ampio spettro la bellezza e i benefici dello sport, l’ora di educazione fisica è un ottimo espediente.
In che modo lo sport crea in te l’adrenalina, il coraggio e la determinazione che ti caratterizzano?
Posso affermare con forza che lo sport mi ha aiutato, attraverso la mia forte passione nel praticarlo, a vincere, in primis, le mie paure, che sono subentrate dentro di me dopo aver scoperto la sclerosi multipla. Sono passati ormai vent’anni dalla scoperta della mia malattia, ricordo di averla presa abbastanza bene, nonostante i tanti momenti difficili: mi sono “aggrappato” totalmente allo sport, rendendolo la mia salvezza, infatti ho affrontato nel miglior modo possibile il mio problema, con cui convivo, e che, soprattutto, riesco a gestire.
Quali sono stati, tra i tanti, i riconoscimenti che ricordi con maggiore coinvolgimento emotivo?
Tutti i riconoscimenti che ho ricevuto hanno provocato in me una determinata emozione, indescrivibile con le parole. Ritengo che, sin ora, sia stato dato un buon risalto non solo a me come atleta, ma anche al messaggio che cerco di lanciare alla gente. Ho avuto tante bellissime soddisfazioni, come la medaglia di bronzo ricevuta dal CIP (Comitato Italiano Paralimpico) al valore atletico; riconoscimenti dal comune di Rionero in Vulture, dalla Regione (…) Tutto questo mi rende soddisfatto, orgoglioso, perché attesta ciò che sto facendo con grande entusiasmo: essere disabile, e far parte di un mondo di atletica, per me significa evidenziare l’importanza della reattività, di non piangersi addosso, ma di guardare “oltre”, di avere un obiettivo che possa arrecare dentro di sé l’energia positiva.
Il complimento più bello che hai ricevuto?
I complimenti che mi fanno molto piacere sono quelli che arrivano da genitori di ragazzini disabili, che mi definiscono un esempio importante per i loro figli: dicono loro di non scoraggiarsi, li indirizzano verso l’ascolto profondo delle proprie passioni, verso la creazione del proprio futuro, li esortano a non cadere nell’errore di abbattersi, e, qualora dovesse accadere, ad avere sempre la forza di rialzarsi. Io ho sempre creduto in queste prerogative, e, come me, possono e devono farlo tutti.
Che significato ha per te vincere?
Vincere è qualcosa di straordinario. Sono sempre stato competitivo, anche da ragazzino, ma ho sempre accettato con umiltà anche la perdita. Amo il getto del peso, perché essendo un gioco in cui si gareggia da soli, ci si focalizza ad ampio spettro sulle proprie potenzialità, si acquisisce consapevolezza dei propri punti di forza. Voglio evidenziare che la cosa più importante, per me, è vincere in senso metaforico, ovvero vincere contro la mia malattia. In questa fase sto attraversando un momento difficile a livello fisico, ma, nonostante tutto, riesco a muovermi, riesco a reagire in maniera ottimale. Vincere contro il “fantasma” della sclerosi multipla mi rende orgoglioso.
I tuoi momenti di scoramento sono diventati una grande risorsa: in che modo è possibile trasmettere tutto ciò ai giovani di oggi, affinché possano credere nei propri sogni?
Dai miei momenti di lacrime, di crisi, ho voluto prendere la parte migliore. Io dico sempre che la mia vita si è divisa in due parti: prima e dopo la malattia. Prima mi divertivo, giocavo, lavoravo, riuscivo a camminare. Adesso, con le difficoltà attuali, ho deviato totalmente l’attenzione dallo scoraggiamento, e l’ho fatto attraverso lo sport. Con esso, riesco a superare i momenti in cui rimpiango di non essere più un normodotato. Tutto questo lo proietto ai giovani, dicendo loro di cercare di trovare il proprio scopo, il proprio sogno, ciò che li fa sentire bene, e di attivarsi, passo dopo passo, per raggiungere tutto questo. Nel marzo scorso, io ho partecipato alla prima gara di Para Powerlifting, e, tra ottobre e novembre, parteciperò ai campionati regionali e italiani: voglio andare sempre oltre, voglio sentirmi “completo”.