Machiavelli lo aveva scritto ne Il Principe: “Servono buone leggi e buone armi”.

Qual è stato il significato e la portata della crisi Prigozhin per la Russia e per il resto del mondo? Un evento rabberciato e riuscito male? Certo è che la guerra civile non è cominciata. Nonostante i tempi siano ancora prematuri per un’analisi completa e dettagliata della vicenda, di sicuro tutto il mondo si è accorto del forte scossone interno alla nazione, per nulla paragonabile alle guerre cecene, ma che ricorda, invece, il periodo della crisi post-crollo dell’Unione Sovietica. La guerra è un fatto politico e l’uso di truppe mercenarie indebolisce lo stato sovrano e politico. Da un lato vi è, allora, l’esercizio della forza per così dire “mercenaria” connessa all’idea che ha mosso Prigozhin; dall’altro il monopolio della forza da parte dello Stato russo; in mezzo ci sono le morti dei militari (per entrambe le parti), l’abbattimento di alcuni velivoli dell’esercito regolare, il bombardamento della colonna della Wagner in movimento verso Mosca. Nei fatti, Prigozhin è l’incognita che preoccupa anche gli Stati Uniti per due aspetti centrali: la rivalità sul piano militare con la Russia in relazione a nuovi risvolti del conflitto ucraino; la campagna elettoriale di Joe Biden. Unendo i fili, i più ottimisti vedono ora la concreta possibilità di una tregua tra il Cremlino e la Casa Bianca, mediata dal Vaticano e considerando che le forze ucraine non siano riuscite ad approfittare del piano di Prigozhin in modo efficace.
Sulle informazioni del piano di Prigozhin è senz’altro verosimile che il Cremlino ne fosse al corrente e che abbia evidentemente trattato con Prigozhin per evitare il peggio: non farlo, avrebbe quasi di certo portato ad uno scenario di guerra nella guerra. A quali conseguenze il Cremlino è andato incontro? Da un lato la presa di coscienza della necessità di ridimensionare il ruolo delle oligarchie – la cui forza è nella stessa burocrazia – in nome della sicurezza dello Stato e dell’interesse generale. Sta di fatto che Prigozhin è riuscito a fare quello di cui ben pochi erano stati capaci: mettere a disagio il presidente di fronte agli occhi dei russi e del resto del mondo e costringerlo alla trattativa. Più che da chiedersi se ci sarà una resa dei conti, viene da chiedersi quali forme e risvolti la caratterizzeranno. In ogni caso l’epilogo della vicenda ha già lasciato il segno nella storia, anche se non ha nulla di nuovo…

“L’arme mercenarie e ausiliarie sono inutile e periculose…
perché sono disunite, ambiziose, sanza disciplina, infedele;
gagliarde fra gli amici; fra e’ nimici, vile;
non timore di Dio, non fede co’ gli uomini;
e tanto si differisce la ruina quanto si differisce lo assalto;
nella pace se’ spogliato da loro, nella guerra da’ nimici…
E’ capitani mercenarii, o e’ sono uomini nelle armi eccellenti, o no:
se sono, non te ne puoi fidare,
perché sempre aspireranno alla grandezza propria,
o con lo opprimere te che li se’ patrone,
o con lo opprimere altri fuora della tua intenzione;
ma, se non è il capitano virtuoso, e’ ti rovina per l’ordinario…
E per esperienzia si vede a’ principi soli
e repubbliche armate fare progressi grandissimi,
e alle arme mercenarie non fare mai se non danno.
Niccolò Machiavelli
Il Principe, XII

di Michela Castelluccio