La maggioranza sceglie l’Aventino alla conta in Commissione

Sulla ratifica del Mes si gioca la vera partita ideologica di questo centro-destra autocelebratosi come patriottico. La maggioranza si interroga sull’eventuale utilizzo di uno strumento che, a detta dei refrattari, svilirebbe la sovranità italiana, perché aprirebbe la strada alla Troika.

E in Commissione Esteri si è consumato il dramma: le opposizioni, ad eccezione del Movimento 5 Stelle, hanno approvato il provvedimento e la discussione passerà in Aula il 30 giugno. La maggioranza, prima volta nella storia repubblicana stando agli esperti, si è ritirata sull’Aventino. L’Italia è l’unico Paese dell’eurozona che non ha consumato il passaggio istituzionale.

La mancata ratifica del Mes non consentirebbe, ad oggi, l’accesso alla linea di credito prevista per i Paesi che si potrebbero trovare ad affrontare eventuali crisi bancarie. I partner europei assistono sbigottiti alla commedia italiana, che rischia di tramutarsi in tragedia da un momento all’altro. Parliamoci chiaro, il famoso adagio “i panni sporchi si lavano in casa” in questo frangente si traduce in “i panni sporchi si stendono al sole”.

Qualcuno pensa che sia l’effetto Berlusconi: chi si accaparra il consenso del Cavaliere governa il centro-destra e il Paese. Qualche altro vede nella Meloni una donna vorace, abitata al controllo ed incline al comando asfissiante.

E sul Commissario per l’Emilia Romagna siamo ancora all’anno zero: Salvini vorrebbe uno dei suoi per ringalluzzire la filiera nella regione di Bonaccini, Meloni non è dello stesso parere. Sull’Abuso d’Ufficio si va prima al Senato, con la Bongiorno non proprio convinta che l’abrogazione del reato più odiato dai sindaci sia la soluzione giusta. Lo slittamento del CDM, per improvvisi impegni del Premier, ha fatto rinviare l’approvazione del cavallo di battaglia del leader della Lega: la modifica del codice stradale su cui la propaganda salviniana sta battendo da giorni. In realtà il CDM si è svolto, ma i temi caldi sono stati congelati. E infine la tegola Santanché, uscita con le ossa rotte dopo l’inchiesta di Report.

Su Santanché potrebbe profilarsi anche una mozione di sfiducia e non è detto che Meloni inviti “l’imprenditrice prestata alla politica” a dimettersi da Ministro.

Dal sottobosco di Palazzo Chigi si bisbiglia che Meloni sarebbe disposta ad andare alle urne per ricontarsi un’altra volta, rinfrancata dai sondaggi. Così assisteremmo basiti ad una maggioranza che si sgretola a pochi mesi dall’ultima tornata elettorale.

Immagino Berlusconi sorridere: “Senza il buon pastore, le pecorelle si smarriscono”. Adesso ha tutto il diritto di pontificare: lassù avrà già trovato l’accordo, facendosi “concavo o convesso” a seconda della circostanza.