di Carmen Piccirillo

Maria Rita Parsi è una psicopedagogista, psicoterapeuta, docente, saggista, giornalista pubblicista e scrittrice. Si è sempre distinta per la cura di progetti a sfondo sociale, trattando tematiche e problematiche legate soprattutto ai minori, alle famiglie, alla scuola, alla creatività, al mondo virtuale. Già Unico Membro del Comitato ONU dei diritti dei Fanciulli e delle Fanciulle (2013-2017), è stata Consulente della Commissione Bicamerale per Infanzia e Adolescenza (2002-2008), e, attualmente, è Membro dell’Osservatorio Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza. È presidente della Fondazione Movimento Bambino Onlus, che opera per la diffusione della Cultura dell’Infanzia e dell’Adolescenza, e si batte contro gli abusi e i maltrattamenti dei minori, dei diversabili, delle donne, degli anziani, per la loro tutela giuridica e sociale, e per la pace. Ha pubblicato un centinaio di opere di tipo scientifico, divulgativo, letterario e poetico.

Dottoressa, lei ha dichiarato che la prima “agenzia educativa” per un bambino, affinché possa diventare un adulto sano, è la famiglia. Quali sono i suoi suggerimenti nei riguardi dei genitori, per fare in modo che possano trasmettere buoni modelli valoriali ai propri figli?

Gli insegnamenti della famiglia nei riguardi del bambino sono fondamentali per una crescita sana: io esorto sempre i genitori a formarsi. Per una donna, che è la prima radice della vita di un essere umano, è molto importante avere strumenti per acquisire la capacità di educare, e di conoscersi, che le permettano di essere una buona guida per i propri figli. Il mio invito, verso chi forma una coppia e genera dei figli, è quello di pensare che gestire una famiglia è come governare una nazione: bisogna essere competenti, preparati per questa grandissima responsabilità. La salute mentale dei genitori, il loro benessere psicofisico, il loro amore, la loro attenzione: tutto questo dà la possibilità ai figli di crescere senza star male, amplia la possibilità di cambiamento del mondo in maniera positiva. Il vero investimento che un paese civile può fare, è dare strumenti scientifici, umanistici, per formare una coppia che intende mettere al mondo dei figli. Questo è di notevole importanza, sia per le coppie eterosessuali che per quelle omosessuali.

La vita è caratterizzata da momenti di grande distacco, in qualunque ambito: familiare, amicale, lavorativo, di coppia. In che modo è possibile, secondo lei, insegnare ai ragazzi a saper “lasciar andare”?

Innanzitutto consiglio di leggere un libro di Judith Viorst, una bravissima psicanalista, intitolato “Distacchi”.  Il primo distacco, per un essere umano, avviene dal “Paradiso Terrestre” del grembo materno: bisogna accettare l’idea che nella vita si prende e si lascia, le situazioni possono mutare. Una grande mistificazione è dire “per sempre”, invece bisogna affermare che tutto è un “work in progress”, una continua trasformazione, che coincide con il distacco: va vissuto come accoglienza, come evoluzione, che diventa esperienza.

Da più di un anno, ormai, assistiamo a notizie drammatiche, tra cui il conflitto russo-ucraino: l’anima ha interiorizzato molte sensazioni dolorose. Quali sono le “chiavi” giuste, secondo lei, per focalizzare nuovamente lo sguardo verso la luce, soprattutto per i più giovani?

La storia degli esseri umani è caratterizzata da costanti, ripetuti conflitti: con l’alibi dei confini, delle razze e delle differenze religiose, viene perpetuata la distruzione. Erich Fromm, nel suo bellissimo libro intitolato “Anatomia della distruttività umana” definisce tutto questo come narcisismo maligno: “Io morirò, ma morirete tutti”. Per fare in modo che i giovani orientino, nonostante tutto, il proprio sguardo verso la luce, sono importanti la formazione, la prevenzione del disagio: la scuola deve essere al centro di tutto questo, deve essere un ponte tra la famiglia e il mondo sociale. È importante introdurre, tra le tante cose, la materia dell’educazione sessuale: una difesa che i ragazzi utilizzano spesso, per evitare l’angoscia causata dalle svariate notizie drammatiche, è quella di deviare, attraverso il web, la propria attenzione dal negativo e dalle proprie paure, accedendo a contenuti che non dovrebbero visualizzare. Per supportare i ragazzi è prioritario diffondere, ad ampio spettro, la cultura, i diritti, la legalità; dobbiamo ostacolare la criminalità, la distruttività, l’orrore, dando cariche di energia, di formazione, prevenendo i tanti disagi, in modo tale che si possa raggiungere la capacità di non aver paura di vivere.

Negli ultimi tempi, è stato riscontrato un aumento del consumo di psicofarmaci per la cura di ansia e depressione: molti giovani ne abusano. Qual è il suo pensiero a riguardo?

Ritengo che le famiglie disfunzionali siano tantissime; che molte scuole non siano adeguate ai cambiamenti profondi della società; per i giovani vi è un’assenza di possibilità di espressione a tutti i livelli. I giovani di oggi sono opulenti di nozioni, sanno davvero tante cose, non solo positive, ma anche negative, e, nel momento in cui non vengono aiutati a gestirle nel miglior modo possibile, arrivano l’ansia, la depressione. I ragazzi hanno bisogno di essere messi nelle condizioni di trovare il migliore canale per essere autentici, per essere sé stessi, per evolversi costruttivamente (fare musica; ballare; leggere; scrivere; allenarsi, ecc.). Hanno bisogno di trovare la strada giusta attraverso una formazione sistematica, costante, pubblica e privata. Quando questo non avviene, si creano tantissime situazioni drammatiche a livello emotivo.

Lei ha fondato la Scuola Italiana di Psicoanimazione: un istituto di ricerca, ad orientamento umanistico, per lo sviluppo del potenziale umano che, dopo lunghi anni di studio e ricerca, ha dato il via all’Accademia della Famiglia e della Scuola.

Si tratta di una terapia psicologica, a mediazione culturale, che si incentra sull’aspetto creativo e corporeo. Mira a integrare mente, corpo e immaginario, attraverso una serie di attività, di espressioni, che sono creative, bioenergetiche, del comportamento, integrando tutte le discipline: la psicologia, la psicanalisi, la neuropsichiatria, la filosofia, la pedagogia, l’antropologia, la sociologia, la storia delle religioni (..) È un approccio interdisciplinare di un valore enorme.

Spesso, si cade nell’errore di sfuggire al dolore dell’anima, di non ascoltarlo. Quanto è importante guardarsi dentro, per guarire?

L’essere umano ha paura di soffrire, questo è inevitabile. Ma quando esso possiede gli strumenti (competenze, conoscenze, capacità di decriptare quello che sente) per conoscere sé stesso, può “tirar fuori” il proprio dolore, e affrontarlo. Far finta che il dolore non esista, reprimerlo, significa amplificarlo, ma soprattutto imbattersi nell’errore di “restituirlo” a qualcuno. Accettare l’idea del dolore rende fortissimi, soprattutto quando si hanno gli alleati e gli strumenti per poterlo fare.

Qual è il suo concetto di libertà?

Avere più strumenti possibili, che diano modo di affrontare dolori, cambiamenti, gioie, incontri: la capacità di conoscere sé stessi sempre di più, di conoscere il proprio “nemico interiore”, per riconoscere i nemici esterni, così come gli amici e gli alleati. Tutto questo è libertà, provoca vittoria, autodeterminazione.