La segretaria tira dritto verso il Campo Largo e le distanze tra le correnti cominciano ad essere incolmabili
In Direzione Nazionale Elly Schelin non ha indietreggiato di un millimetro rispetto alle contestazioni che nei giorni scorsi le sono state rivolte. Una segretaria intenzionata a radicalizzare il partito nei contenuti e anche nella forma. I riformisti sono avvisati: se non seguono la linea creano danni al PD.
E allora avanti tutta, incita la segretaria dalla tolda di comando, e non si vira durante la navigazione, la rotta è tracciata, si va dritti verso il campo largo, da Calenda a Conte. Il grande escluso è sempre lui, belzebù Matteo Renzi, il rinnegato, colui il quale ha portato, stando agli animi esacerbati di una sinistra ancora troppo rancorosa, il seme del riformismo in un partito massimalista. La ditta è rientrata e Speranza è la sintesi auspicabile tra l’universo grillino e i post comunisti, un po’ elitari anche quando vestono i panni del movimentismo. Qualcuno scappa verso lidi migliori, qualche altro polemizza, il resto attende le europee, vero banco di prova per comprendere se la linea Schlein regge o si sbriciola completamente. Intanto mettiamoci comodi e guardiamo, popcorn a portata di mano, come interpreta il campo largo la segretaria. Le questioni dirimenti sono certamente la guerra in Ucraina e la riforma della giustizia.
I grillini e l’Elevato
Adesso che l’Elevato è tornato ad arringare la folla, non bisogna indossare i panni del veggente per comprendere che il movimento radicalizzerà le sue posizioni lasciando in mezzo al guado Schlein e compagni. E giù duro sull’abrogazione dell’abuso d’ufficio e sulla politica estera, senza risparmiare critiche ai potenziali alleati. I Cinque Stelle non sono mai stati dei partner affidabili e le alleanze a macchia di leopardo, costruite nelle svariate tornate elettorali, sono la prova di un rapporto di convenienza.
Calenda e Renzi l’altra faccia del campo largo
Calenda, di Conte, non ne vuol sentir parlare. Per Calenda, e ancor più per Renzi, i Cinque Stelle sono il populismo da abbattere, il peggio della politica italiana, il nemico giurato del riformismo. E sarebbe interessante fare un esperimento antropologico: Calenda e Conte che discettano sui termovalorizzatori e sull’invio di armi in Ucraina con Schlein nell’arduo compito della moderatrice.
Il Partito Democratico dei militanti
“L’estate militante” potrebbe risvegliare le coscienze dei tesserati, ma francamente vedo tanti circoli dilaniati da lotte intestine e senza più neanche la volontà di battersi per un partito che ha perso la sua più grande forza: il popolo. Schlein deve entrare nei circoli – una volta si chiamavano sezioni – e guardare con i propri occhi la frustrazione dei segretari locali, l’inconsistenza delle segreterie regionali e la tracotanza di alcuni baroni del consenso.
Meloni e Schlein due leader a confronto
La destra può continuare a governare con la massima tranquillità: Meloni è una garanzia per gli americani, una certezza per i conservatori europei, una scommessa per i liberali e i popolari, una figura stabile per il bacino del Mediterraneo. Schlein ha un partito spaccato in due con una probabile scissione all’orizzonte, vuole costruire un’alleanza fra il diavolo e l’acqua santa e non è sicuro che arrivi, da segretaria di partito, a dicembre 2023. E con il tanto berciare nel campo largo, qualcuno crede in un’alternativa politica?
Giovanni Petilli