Roma, youtuber in Lamborghini uccidono un bambino di 5 anni.

Una sfida social per il loro canale YouTube si è trasformata in una tragedia a Roma. Quattro youtuber ventenni, noti come The Borderline, hanno provocato la morte di un bambino di 5 anni e il ferimento della madre e della sorellina di 3 anni. La Smart su cui viaggiava il piccolo Manuel  è stata travolta da una Lamborghini guidata dai giovani creator, di cosa poi, che stavano realizzando una challenge per il loro canale social.

Chi sono i The Borderline

I The Borderline sono un gruppo di cinque ragazzi che si occupano di produrre video demenziali per i loro 600mila follower su YouTube. Tra le loro challenge, quella di guidare una Lamborghini, noleggiata appositamente per l’occasione, per 50 ore senza sosta. Nei giorni precedenti all’incidente, i ragazzi avevano pubblicato diversi video in cui si vantavano della loro auto di lusso e scherzavano con gli altri automobilisti. In uno di questi video, uno dei ragazzi diceva: “Ma questo con la Smart che sta facendo? Abbello, la macchina tua costa 300 euro usata al Conad, la mia costa un miliardo. Vale quanto Amazon”. Una frase che appare come una tragica profezia.

L’Incidente

L’incidente è avvenuto intorno alle 16.30 lungo la via Cristoforo Colombo. Secondo le prime ricostruzioni, la Lamborghini stava procedendo a forte velocità quando ha tamponato la Smart. L’impatto è stato violento. A bordo della Smart c’erano Manuel Proietti, il bambino di 5 anni che ha perso la vita, la madre Roberta Di Giacomo, 29 anni, e la sorellina Giulia, 3 anni. A bordo della Lamborghini c’erano invece Matteo Di Pietro, 20 anni, alla guida del Suv, Vito Loiacono, 23 anni, sul sedile del passeggero anteriore, e altri due ragazzi sul sedile posteriore. Tutti sono rimasti illesi e sono stati sottoposti agli accertamenti del caso.

Le indagini

La polizia sta indagando per chiarire le responsabilità dell’incidente. L’unico indagato per ora è Matteo Di Pietro, il conducente della Lamborghini, accusato di omicidio stradale e lesioni. Il ragazzo è risultato positivo ai cannabinoidi, ma non in modo tale da giustificare l’arresto. Potrebbe aver consumato la droga nei giorni precedenti. Gli inquirenti stanno anche analizzando il cellulare del ragazzo per verificare se stesse registrando un video al momento dello schianto o se fosse distratto da qualche altra attività.

La reazione dei social

L’incidente ha scatenato una forte indignazione sui social network, dove molti utenti hanno espresso il loro cordoglio per la famiglia delle vittime e la loro rabbia nei confronti degli youtuber. I profili dei The Borderline sono stati inondati di commenti negativi e offensivi, che li accusano di aver causato una tragedia per produrre dei video per “decerebrati”. Alcuni commenti sono stati anche minacciosi e violenti.

Libertà d’espressione non significa uccidere le persone

Sin qui la cronaca, la mera analisi dei fatti. Resta un’amara riflessione: come dei ragazzi possano proporre un deleterio stile di vita  ad altri loro coetanei e rimanere impunti. Perché stiamo parlando di persone che insultano chi possiede una macchina non all’altezza dei loro standard, che deridono lavoratori che fanno sacrifici quotidianamente, che propinano una filosofia di pensiero la cui parola d’ordine è l’eccesso. E si eccede anche nel menefreghismo, nell’arroganza degli atteggiamenti, nel credere che la vita sia solo divertimento. Sui social di spazzatura simile ne vediamo tanta e, nonostante le tragedie che cominciano ad essere troppe, nessuno fa nulla. Sono le nostre bambine e i nostri bambini a crescere in un mondo ormai incomprensibile per noi adulti. E ti ritrovi una ragazzina che si impicca perché ha accettato una sfida, un gruppo di ragazzi che camminano su un cornicione per qualche like in più, delle adolescenti che mostrano il loro corpo anelando ad un successo effimero. Forse è il momento di comprendere quale sia la vera libertà di espressione e dobbiamo cominciare a distinguere ciò che rende migliore la comunità in cui viviamo e ciò che la peggiora. E il degrado culturale non è libertà, ma la morte della società.

Dovremmo fornire alla polizia postale strumenti legislativi più efficaci per contrastare questi pseudo-influencer, perché non sono altro che ragazzini cresciuti nel benessere e senza più una coscienza.

Giovanni Petilli