Il Cavaliere non ha incoronato eredi politici, ma ha inaugurato la stagione della destra al governo.
Chi l’avrebbe mai detto, è morto il Cavaliere, l’uomo che ha cambiato l’Italia. E l’ha cambiata modificando quei tratti genetici che sino a quel momento sembravano immutabili anche dinnanzi alla valanga Tangentopoli.
Ha cambiato l’Italia “l’Unto dal Signore”, con le sue televisioni e con le soubrette che hanno squarciato quel velo di moralismo troppo spesso finto, ipocrita, menzognero. Ha cambiato l’Italia il “Caimano”, inaugurando la stagione del leaderismo, del bipolarismo, del partito azienda, sbaragliando nel ’94 la gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto, ultimo segretario del PCI e primo segretario del PDS dopo la svolta della Bolognina.
Ha cambiato l’Italia il Presidente, sdoganando una destra posta ai margini della vita politica, sempre invisa ai “comunisti”, trattata da ruota di scorta dai democristiani, demonizzata e senza alcuna pretesa di governo. Ha cambiato l’Italia Berlusconi, innalzando il vessillo dei liberismo, guerreggiando contro una magistratura a suo dire persecutoria e contro una sinistra sempre additata come giustizialista.
Un moderato che non era affatto moderato, un liberale che ha ucciso nella culla tutti i suoi enfant prodige perché “non avevano il quid” o non riuscivano a rimanere al loro posto, un democratico che amava intrattenersi con altri leader dal profilo marcatamente autoritario. Aveva visione il Berlusconi imprenditore: Da Milano 2 e il sogno dell’italiano medio, alla televisione commerciale che aveva rotto il monopolio di una Rai vittima della partitocrazia, alle epiche imprese sportive con un Milan foriero di grandi campioni, Silvio ha sempre vinto.
Era un narciso, istrione, egocentrico, diciamoci la verità. E la sua smisurata ambizione gli ha permesso di uscire fuori dai binari dell’atlantismo. L’amicizia con Putin, gli accordi con Gheddafi, l’ardire di stabilire una connessione con altri Paesi non allineati e fuori dalle logiche dell’America democratica degli Obama, hanno indotto il gladiatore di Arcore alle dimissioni sotto l’incombente scure dello spread. Ricorderemo Pratica di Mare come uno dei momenti più rigogliosi della diplomazia italiana.
Ma Berlusconi era anche Mangano, Dell’Utri, Previti, Ruby, le Olgettine, le leggi ad personam, la condanna in Cassazione e tanto altro da spiegare e da digerire, non dimentichiamolo.
Berlusconi non ha incoronato eredi politici, ma ha inaugurato la stagione della destra al governo, ha lasciato una sinistra ferma al palo e senza più identità, una magistratura ridimensionata dagli scandali, un Paese post ideologico in cui ogni leader fonda un partito e ogni partito non sopravvive al proprio leader. Berlusconi da oggi è entrato nella storia e chi entra nella storia raggiunge l’immortalità.