Cosa sappiamo del 2 giungo 1946?
Come vivono le giovani generazioni questa giornata?
Potremmo soffermarci sulle dichiarazioni delle scolaresche che rivendicano l’importanza del referendum, ma nelle loro parole non trovo – scusate non ci riesco – quel sentimento che dovrebbe provare qualsiasi persona dinnanzi ad un evento che cambiò la cultura del Paese.
Non riesco, quando mi imbatto nelle dichiarazioni dei politici e di parte dei rappresentanti delle istituzioni, a provare alcuna emozione e percepisco solo copioni logorati da una retorica artefatta con cui spesso si infarciscono le commemorazioni.
Nei testi propinati agli studenti scorgo paragrafi sul Risorgimento, sullo Statuto Albertino, sulle guerre d’indipendenza e noto che si ripercorrono stancamente le imprese di Garibaldi, si esaltano le doti politiche di Cavour, si ammirano le intuizioni di Mazzini, ma non si scava a fondo. E non si scava a fondo perché non si riesce a trasmettere quella passione verso il proprio Paese ricercando, anche negli errori, la radice dei mali odierni.
La Repubblica è anche figlia del Risorgimento ed è il fiore che è sbocciato dopo due guerre mondiali e una guerra civile combattute tutte in un oceano di sangue italiano.
La Repubblica vede nel Parlamento la diretta espressione del popolo e affida al Presidente della Repubblica l’arduo compito di essere garante della Costituzione.
Quando i padri costituenti, nel corso dei due anni successivi al 1946, scrissero la Carta Costituzionale, si posero un’infinità di interrogativi per non incorrere nuovamente nell’orrore di una dittatura. Ci furono infinite disquisizioni sul concetto di uguaglianza e l’art. 3 fu un capolavoro dell’Assemblea Costituente.
Non corriamo il rischio di essere prelevati nelle nostre case, anche dopo aver detto delle evidenti castronerie nelle piazze e soprattutto dopo averle scritte sui social, perché la Costituzione, figlia di quel 2 giungo del 1946, consente la libertà di espressione.
Oggi abbiamo un evidente problema nel declinare il concetto di libertà di espressione: tante persone sono disabituate a riflettere e dalle loro bocche potrebbero uscire nefandezze inaudite.
Oggi diversi politici utilizzano il loro ruolo per dispensare odio e rancore, inciampando in sgrammaticature istituzionali enormi.
Oggi la democrazia rischia di tramutarsi in democratura perché non si ha più la coscienza civile delle donne e degli uomini del 1946.
Oggi tutto è relativo e il 2 giugno è una ricorrenza come il Natale, la Pasqua, il Carnevale o Halloween.
E più il tempo passa, più la scuola dimentica di trasmettere i valori che hanno spinto milioni di italiani e italiane ad entrare liberamente in quella cabina elettorale e scegliere la Repubblica.
E tutto questo, se permettete cari lettori, fa stringere il cuore e contorcere lo stomaco a chi crede in quel 2 giugno in cui l’Italia si fece trovare pronta e vestita del tricolore, ma senza lo stemma di una monarchia che ormai aveva consumato il suo tempo.
Giovanni Petilli