A Tiblisi ha vinto la piazza. Hanno vinto quei giovani che non vogliono riportare indietro le lancette della storia.

La Georgia ha dato i natali al più crudele dei dittatori del ‘900: Iosif Stalin. Putin, nei suoi innumerevoli interventi, ha evidenziato quanto Stalin fosse legato alla Madre Russia. Al contrario, Lenin – stando alle discettazioni storiche del capo del Cremlino – nel distruggere lo zarismo, dissolse anche l’impero. E la Georgia è un’altra spina nel fianco e rischia di diventare il simbolo della rivolta, nella quale la bandiera europea assurge a effigie di libertà e democrazia.

La legge sugli “agenti stranieri” è stata ritirata: il Governo ha fatto retromarcia dimostrando platealmente la sua debolezza.

Chi ha respirato la pesante aria sovietica avverte con assoluta nitidezza il pericolo: la repressione è ancora profondamente vivida nella memoria. L’Holodomor echeggia nei racconti dei contadini ucraini, l’efferatezza dei commissari del popolo

tormenta le notti insonni di milioni di persone, l’incubo del passato si riaffaccia con il suo ghigno peggiore. Oggi l’orso russo ha il volto di Vladimir Putin, ostenta la sua potenza e continua a seminare morte e distruzione.

Il cuore della gente non ascolta le rivendicazioni storiche, non pretende di comprendere i delicati e complessi ingranaggi della geopolitica, non si sofferma sulle contese internazionali. Il cuore della gente aspira alla libertà e alla democrazia, auspica la pace e la prosperità ed è pronta a combattere per i propri diritti, anche contro Vladimir Putin se fosse necessario.

 

Giovanni Petilli