Una pellicola, che stigmatizza il dissidio interno tra il cuore, la ragione e la terra, oltre alla figura femminile purtroppo sfruttata e marginale, relegata a comprimaria del quotidiano.

Ciccio Paradiso è un ribelle che non si piega davanti a nessuno. Ha moglie e figlio ma è innamorato di Bianca, con cui ha una relazione intensa e passionale. Bianca però è la figlia di Cumpà Schettino, un proprietario terriero che oltre ad abusare delle sue contadine più giovani sfrutta e taglieggia i braccianti. E poiché Ciccio non sopporta le prepotenze e le sopraffazioni è doppiamente inviso a Cumpà Schettino: incita i braccianti a ribellarsi e amoreggia con sua figlia senza poter “fare di lei una donna onesta”. L’esplosione fra i due non tarderà ad arrivare, e avrà conseguenze tanto estreme quanto, a ben guardare, inevitabili.  Il regista Rocco Ricciardulli si è ispirato ad una storia vera per scrivere il soggetto e poi, con Riccardo Scamarcio, la sceneggiatura di L’ultimo Paradiso, di cui Scamarcio è anche interprete e coproduttore. La vicenda è ambientata nelle Murge pugliesi, fra uliveti e campagne a perdita d’occhio, in un passato che sancisce il dominio del patriarcato e della proprietà, tanto terriera quanto paterna e coniugale. In questo scenario Ciccio è una mina vagante, sia perché non sta alle regole del decoro famigliare, sia perché non è disposto a “farsi succhiare il sangue”, soprattutto dai “forestieri”. In sintesi, non sa “stare al suo posto” e “mette il naso dove non lo deve mettere”: due caratteristiche pericolose, in un contesto omertoso dove i maschi hanno conservato l’istinto ferino. Ciccio vuole lasciare il paese, come ha fatto suo fratello Antonio molto tempo prima andando a lavorare al nord, e vorrebbe portare con sé anche Bianca, per “non morire qua”. Ma è difficile sottrarsi al luogo in cui si è nati e cresciuti, per fortuna o più spesso per sfortuna. L’ultimo Paradiso funziona soprattutto in senso metaforico, ricreando in forma di “storia d’amore e d’anarchia” il dilemma di molti uomini del sud, combattuti fra il legame con la loro terra e il desiderio di lasciarla, fra il senso di responsabilità nell’obbedire a regole millenarie e l’impulso di seguire solo il proprio codice etico personale. E chi se ne va, spesso non vorrebbe fare altro che tornare